Autonomia differenziata, la Corte Costituzionale accoglie in parte i ricorsi delle Regioni

Il governatore Giani: “Accolto il disagio per una concezione di autonomia regionale che non è assolutamente quella che ha ispirato la riforma del titolo V nel 2001”
La Corte Costituzionale ha accolto alcuni dei profili di incostituzionalità della legge sull’autonomia differenziata sulla base dei ricorsi di Campania, Puglia, Sardegna e Toscana.
I giudici hanno ritenuto “non fondata” la questione di costituzionalità dell’intera legge considerando invece illegittime”alcune specifiche disposizioni.
Tra i sette profili della legge ritenuti incostituzionali c’è la previsione che sia un decreto del presidente del Consiglio dei ministri a determinare l’aggiornamento dei livelli essenziali di prestazione. Bocciato anche il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei Lep sui diritti civili e sociali senza idonei criteri direttivi con la “conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento”. Stop inoltre alla possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito perché “potrebbero essere premiate proprio le regioni inefficienti che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”. Ma al di là delle bocciature, comunque importanti, la Corte rimette al centro il principio di sussidiarietà.
E sottolinea che la distribuzione delle funzioni legislativa e amministrative tra Stato e Regioni “non” deve “corrispondere all’esigenza di un riparto di poteri tra i diversi segmenti del sistema politico” ma deve avvenire “in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione”. È, dunque, “il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni”. Per questo l’autonomia “deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini”.
“Oggi c’è la nostra soddisfazione nel vedere accolto il disagio per una concezione di autonomia regionale che non è assolutamente quella che ha ispirato la riforma del titolo V nel 2001”. È quanto dichiara Eugenio Giani appena appresa la nota stampa sulle questioni di costituzionalità della legge sull’autonomia differenziata.
Siamo naturalmente in attesa della sentenza ma quello che emerge è che il modello di regionalismo differenziato dell’articolo 116 terzo comma della Costituzione non è quello che veniva seguito dalla legge 86 del 2024: come da noi sostenuto nel ricorso queste condizioni particolari di autonomia debbono riguardare solamente materie di specifica caratterizzazione di quella determinata Regione, non tutte le materie come alcune Regioni e anche legge 86 volevano. Poi c’è la questione della sostenibilità finanziaria e anche con riferimento a questo la Corte sembra andare nel senso da noi auspicato con i ricorsi”.
“Il regionalismo differenziato che la Costituzione prevede – continua Giani – non è quello che diceva la legge voluta dal governo e approvata dalla maggioranza di centrodestra, ma quello che noi sostenevamo che fosse: è un regionalismo che comunque deve rispettare il principio di solidarietà, solidarietà ed equità”.