Un libro ricostruisce biografia (e angosce) del disegnatore lucchese del Seicento, Pietro Testa

13 ottobre 2014 | 10:16
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Un libro ricostruisce biografia (e angosce) del disegnatore lucchese del Seicento, Pietro Testa

Che sia stato uno dei più grandi e colti disegnatori del Seicento, era noto; d’altronde la grande ricerca ventennale di Elizabeth Cropper, compendiata nella mostra a Philadelphia (Prints and Drawings nel 1988) lo aveva dimostrato. Ma della produzione e della vita di Pietro Testa restavano aspetti in ombra; molti da interpretare, contestualizzare. Sono le lacune che Pietro Testa e la nemica fortuna. Un artista filosofo tra Lucca e Roma colma, mettendo un punto nella ricerca su Testa. Non solo. La voluminosa opera curata da Giulia Fusconi e Angiola Canevari – con l’appoggio di Maria Antonella Fusco dell’ Istituto nazionale Grafica, il sostegno di Angelo Canevari e Antonio Giuliano e, tra gli altri, il contributo di Stefan Albl – riequilibra il valore di Testa pittore. Paradossale sorte quella di Testa: troppo alta la maestria del disegno e cospicua la produzione, il talento pittorico è rimasto in secondo piano. Considerandolo un grande disegnatore, la critica non si è sforzata di analizzare il Testa pittore, ritenendo che non esprimesse bene il colore, tesi confutata in questo libro. Vicino al neo-stoicismo, che faceva professione di povertà, più volte sostenne che il denaro è la merce del diavolo. Principio autentico: Testa, lucchese, giunto nel 1628 nella Roma che si apre alla modernità – pur vivendo nella cerchia di papa Urbano VIII Barberini e al cenacolo di Cassiano del Pozzo, non fece mai vita di corte, scelta che non gli giovò.
Come non gli giovò la rottura con il potente Pietro da Cortona. Il libro arricchisce la biografia dell’artista: eccettuato il triennio 1638-41, di lui è stata ricostruita tutta la vita, comprese incarcerazioni, difficoltà economiche, i rapporti con Stefano Garbesi, Gerolamo Buonvisi, Cassiano. Una vita scandita da un’ansia sempre frustrata di riconoscimento, fino alla depressione e al (possibile) suicidio – che sembra annunciato nella tarda produzione (il suicidio di Catone, il suicidio di Didone, Alessandro Magno salvato dalle acque del fiume Cidno) – con il suo corpo trovato nel 1650 nel Tevere. Aveva 38 anni.