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“Non è colpa dei brutti se sono cattivi”, il romanzo amaro di Fabio Nocchi

18 dicembre 2021 | 17:28
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“Non è colpa dei brutti se sono cattivi”, il romanzo amaro di Fabio Nocchi

Pagine intrise di una ironia acidula che apre uno spaccato sul presente

Romanzo di formazione con finale a sorpresa questo Non è colpa dei brutti se sono cattivi, 2021, di Fabio Nocchi sceneggiatore televisivo e collaboratore del celeberrimo e abrasivo Il Vernacoliere. Sì, perché se ogni bildungsroman che si rispetti tratta dell’evoluzione del protagonista verso la maturazione e l’età adulta tramite prove, errori, viaggi ed esperienze di vario tipo, nella narrazione di Nocchi non si intravede nessuna conclusione positiva delle adolescenziali peripezie dell’eroe che, assai poco nobilmente, sembra invece avviarsi verso una vita di mediocrità e conclamata inettitudine…

Ed ecco delinearsi, pagina dopo pagina, un’altra figura importante del romanzo otto-novecentesco: l’inetto. Colui che non riesce mai a portare a compimento nessun progetto e, se gli accade non prova né piacere, né soddisfazione. Ama, l’inetto, più che vivere, vedersi vivere e si concede sentimenti di compiaciuta frustrazione di fronte alle sue, peraltro annunciate, sconfitte. E Samuele, detto Lele, ha ben più di un motivo per avviarsi al destino di mediocre anonimato che lo attende. Intanto i genitori: una mamma, Rossella, nata in Australia, di precaria condizione economica che vive dando lezioni private d’inglese; un padre, Eugenio, simpatico e scanzonato perdigiorno tra bar, tavoli di biliardo, amici e figure femminili che, con maggiore o minore velocità, appaiono e scompaiono. Lele, venuto al mondo nella prima metà degli anni Settanta, è anche privo di stabili radici geografiche, rimpallato in continuazione tra Lucca, dove risiede con la madre e il suo nuovo compagno, Valerio, e Firenze, il territorio d’elezione del genitore. Sociologicamente Samuele appartiene alla cosiddetta “generazione X”, i figli dei baby boomers, e vive un tempo, gli anni Ottanta, in cui, consumatisi nella cupezza dei terrorismi gli eroici furori postsessantotteschi, è completamente cambiato il quadro di riferimento ideale, culturale e valoriale: ora prevale uno sfrenato neoliberismo in economia e nella società, mentre nel privato dominano comportamenti egoistici e narcisistici. Nel senso comune diffuso la fanno da padrone teorie ostentatamente individualiste: è la democrazia del trash e della frivolezza, la lunga stagione che, con felice associazione d’idee, qualcuno definì dell’edonismo reaganiano. La sconfitta nel referendum contro la revisione della scala mobile indetto dal Pci e da una parte del movimento operaio a difesa delle importanti conquiste degli anni Settanta rappresenta un forte segnale simbolico delle tendenze di quel decennio politicamente retto da governi pentapartito e dallo strapotere dei socialisti di Bettino Craxi. Ma Lele e i suoi coetanei ignorano tutto ciò. Immersi nel fiume limaccioso dei turbamenti ormonali propri dell’adolescenza, alle prese con una vita scolastica insapore, inodore e incolore, in una parola insignificante, Samuele e compagni conoscono il peggiore dei destini che possa capitare a un giovane in formazione: l’inconsistenza umana, morale civile degli adulti e l’abdicazione dei giovani a ogni sogno trasformazione collettiva, a ogni progetto di partecipare, in senso alto e nobile, al cambiamento della società. La loro unica, stentata risposta al disagio personale e collettivo è data dalla costituzione di un piccolo gruppo musicale impegnato a restituire le cover dei grandi della musica rock di quegli anni. E così li accompagniamo sino alle ultime pagine del romanzo… E lasciamo Lele appena dopo un’esperienza sessuale, la prima, a dir poco deludente, in contemporanea con lo scioglimento del gruppo musicale, mentre entra nell’aula della sua scuola per sostenere quella prova d’iniziazione al mondo adulto, l’ultima rimasta, che è l’esame di maturità. L’Autore ci lascia con la curiosità di conoscerne l’esito: bene o male? Promosso o riprovato? Non lo sappiamo perché Nocchi non lo racconta. Con ogni probabilità, visto il carattere del Nostro, gli sarà andata così così, senza infamia e senza lode. Ed ecco che un altro ignavo, né arte né parte, né carne né pesce, si accinge a entrare nel mondo grande e terribile: se avrà fortuna, lo aspetta un destino da Neet, Neither in Employment or in Education or in Training, comunque dotato di una robusta mentalità assistenziale.

Un romanzo quello di Fabio Nocchi a dir poco amarognolo. Riscattato da una buona scrittura non esente, ovviamente, da un largo uso di toscanismi, è intriso da un’ironia acidula che, talora ma non sempre, alleggerisce una condizione umana malinconica e oggi fin troppo diffusa: non solo incapace di riscatto, ma addirittura di vederne le occasioni e gli strumenti. Provate ad affacciarvi sul pianerottolo del vostro condominio e riconoscerete al volo la faccia da reddito di cittadinanza del Lele di turno.

Luciano Luciani