L’opera della poetessa di Maria Elena Lippi si impone per la sua freschezza
C’è stato chi in passato ha definito nugae, sciocchezzuole, i propri versi e, in tempi più recenti, chi non si è peritato di indicare i propri testi poetici come “scritti col lapis”, a evidenziarne lo scarso valore e l’inconsistenza… Vezzi, manifestazioni di falsa modestia alle quali è proprio l’Autore stesso a non credere. Una convenzione letteraria, quindi, nutrita di una sottile, ironica, provocazione: una palese ipocrisia così ostentatamente sbandierata da accattivare in genere le simpatie del lettore, suscitarne la curiosità, avvicinarlo a un poeta che per primo non si ritiene tale. Però, sminuire i propri versi al punto da raccoglierli sotto l’icastico titolo di Acari(per gioco? Per polemica verso la comunicazione poetica? Per un sincero convincimento circa la scarsa qualità del proprio lavoro letterario?), ovvero quegli invisibili ragnetti che infestano cose e ambienti polverosi, è operazione di rara arditezza autoironica. Non si sorprenda, però, il lettore perché Maria Elena Lippi, giovane autrice toscana di area lucchese, neppure trentenne, dichiara di sé: Sono malata di anarchia. / Sbaglio lettere e parole così spesso / da chiedermi se non si tratti / di un preciso atto politico, / non disattenzione o peggio. // Una ribellione contro sintassi / e grammatica. //In guardia, devoti dei dizionari! (Anarchia, p. 66). Un’affermazione di libertà totale ribadita nella pagina successiva in Mi hanno detto: …/ So che voglio essere libera, / libera come un uomo, /. letteralmente, / libera di non essere categoria, / di non essere minoranza, / di non essere metà del cielo, / ma ogni spazio, / di non essere costola di nessuno, /perché ti voglio al mio fianco /tutto intero.
Su queste premesse Maria Elena Lippi affastella temi, assembla argomenti secondo una versificazione prosastica, incisiva, battente costruendo personalissimi e originali processi di accumulazione, apparentemente caotici, capaci invece di esprimere la condizione sconvolta della psicologia e del mondo contemporaneo. Non cerca, la poetessa lucchese, armonie sonore per compiacere l’orecchio e neppure ama gli intrecci di belle parole e i loro effetti estetizzanti; nei suoi versi incisivi, prevale, invece, l’urgenza di una imperterrita ricerca di senso da fissare in testi poetici in cui si intrecciano il sé e il fuori di sé, l’io e il noi, il privato/issimo e il pubblico. Senza ostentazioni, con governato pudore, emergono dai componimenti compresi nella silloge le passioni dell’Autrice: per il cinema autoriale che non disdegna, però, i B-movies; per la musica ragionata e di qualità, quella del secolo scorso, da Fabrizio De André a Joni Mitchell; per la letteratura inglese, in prosa e in versi, da Emily Dickinson a Charlotte Bronte, a Eliot… Se le ricorrenti memorie infantile non appaiono mai rasserenanti al Lettore, pure sorprende la matura consapevolezza con cui la giovane poetessa procede verso l’accettazione delle proprie e altrui debolezze, la serena coscienza di come tutti quanti noi “siamo gioco a ogni alito di vento”. Così, in Trattati di pace, p. 76, che significativamente chiude la raccolta: Ma quando ci si spoglia / dell’assillo di essere imbattibili, / riluce la dorata essenza della fragilità, / brillano i vocaboli di “aiuto”. /… Non riuscire, non farcela, / non poterne più: / nessuna colpa. / Fermati, scendi da cavallo. / Troverai una sorella, nella passione.
Luciano Luciani
Maria Elena Lippi, Acari, Collana Nuove Voci Le Piume Poesia, Albatros, Roma 2022, pp. 80, Euro 9,90
Studi al Liceo classico “Machiavelli” di Lucca, laurea in giurisprudenza a Pisa, Maria Elena Lippi coltiva con successo la scrittura, in prosa e in poesia, e la musica. Esprime la sua attenzione per il mondo dei testi e delle melodie popolari con il gruppo Folkoiné, insieme al quale, da violinista e cantante, ricerca ed esegue in diverse lingue canti da tutto il mondo.