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Lucca e la scomparsa di Giuseppe Mazzini nel libro dello storico Roberto Pizzi

7 marzo 2023 | 17:26
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Lucca e la scomparsa di Giuseppe Mazzini nel libro dello storico Roberto Pizzi

La recensione di Luciano Luciani

Storico locale sempre attento alle manifestazioni non solo intellettuali e culturali ma anche materiali della propria comunità (si veda in proposito il suo bel lavoro, Conoscere Lucca. Industria e prodotti del territorio, Mpf 2019), il lucchese Roberto Pizzi può vantare pure un altro merito non da poco: quello di aver fatto emergere – un saggio, un articolo, un intervento dopo l’altro – una Lucca di minoranza, tenace nelle sue ragioni e persistente nel tempo, che contrasta apertamente con l’immagine stereotipata di una città perbenista e d’intangibili convinzioni clericali.

Non fa meraviglia quindi che, in occasione del 150esimo anniversario della scomparsa di Giuseppe Mazzini, Pizzi abbia recuperato e rielaborato non pochi materiali ricavati da anni di letture, ricerche e un’encomiabile attività divulgativa per riconsiderarli secondo l’angolo visuale offerto dal triste evento della dipartita del Grande Genovese. Mazzini – come è noto – muore a Pisa, il 10 marzo 1872, cento e un anno fa, da esule in patria, sotto falso nome, ricercato dalla polizia di quello Stato unitario che aveva potentemente contribuito a costruire. La sua dipartita è quella di uno sconfitto, così come, sulla scena di quell’Italia aurorale, ci appaiono perdenti i suoi più risoluti seguaci lucchesi, le cui biografie sono illustrate in alcuni veloci, incisivi medaglioni che compaiono in questa pubblicazione: Luigi “Luis” Ghilardi, un dimenticato “eroe dei due mondi”, di prima generazione risorgimentale – è nato infatti a Lucca nel 1810 – irriducibile combattente per la libertà in Europa, Italia e America Latina.

Dopo le vicende della Repubblica Romana, trasferitosi in Messico e assurto al rango di generale dell’esercito popolare va a morire nel marzo del 1864, fucilato da francesi in un Paese conteso tra i liberali di Benito Juarez e Massimiliano d’Asburgo, sostenuto dalle truppe inviate da Napoleone III; Pietro Barsanti, caporale del Regio Esercito e agitatore repubblicano, accusato di tradimento e giudicato da un Tribunale militare viene giustiziato nel marzo 1870, a soli 21 anni; muore lontano dall’Italia, solo in parte riconciliato col suo Paese, Enrico Andreini (1828 – 1895), un militare costretto a emigrare nel 1857 in Persia perché troppo contiguo a Mazzini, Garibaldi, alle loro idee e pratiche e dal 1872 generale di quell’esercito; a soli 33 anni scompare Tito Strocchi (1846 – 1879), “soldato garibaldino, anima mazziniana” secondo una bella definizione di Augusto Mancini. Volontario nella III guerra d’indipendenza, a Mentana, in Francia con Garibaldi nel 1871, è giornalista, drammaturgo, avvocato: la tisi ottenne con lui quello che non era riuscito agli Chassepot francesi e ai proiettili prussiani.

Di grande interesse storico questi mazziniani lucchesi recuperati alla memoria collettiva da Roberto Pizzi. Essi, condividendo il destino del loro Maestro, vissero scontando spesso il malanimo dei loro contemporanei e l’avversione dei concittadini. Anche se non prevalsero mai, pure ci hanno lasciato un’eredità importante che, almeno a parere di chi scrive, rimane incancellabile: intanto per il piacere dell’eresia, poi per l’attrazione verso l’avventura culturale e politica, quindi per la loro straordinaria capacità di rialzarsi sempre dopo ogni sconfitta, rigenerandosi nell’azione e nella lotta. Di loro e delle loro imprese trattano le pagine più intense e significative del lavoro di Pizzi, 10 marzo 1872. La morte di Giuseppe Mazzini e gli echi lucchesi dell’evento (Mpf, Lucca 2022) senza trascurare poi la straordinaria messe di informazioni, originali o di non facile accesso, che l’Autore ci mette a disposizione circa l’impatto che la notizia della scomparsa di Mazzini ebbe nella città di Lucca presso gli ambienti dei sodali repubblicani e laici e degli avversari politici.

Luciano Luciani