Il dato dal convegno di Lucca: flessione drastica in vista per la popolazione scolastica
Un decremento che toccherà il 30 per cento. L’analisi Invalsi nel convegno dal titolo ‘Denatalità. Quale futuro per le nostre scuole’
Il decremento della popolazione italiana nei prossimi anni sarà sensibile. Così come sarà sensibile (lo dicono i dati Istat), nel prossimo ventennio, la flessione del numero di studenti italiani, provincia di Lucca compresa, in ogni ordine e grado dell’istruzione fino a toccare il 30% in meno nelle fasce dove si colloca la maggior parte dei giovani che frequentano le scuole secondarie di primo grado (10-14 anni) e di secondo grado (15-19 anni). E’ questo uno degli aspetti che balza all’occhio nella riflessione proposta da Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, che analizza le differenze attese nella popolazione studentesca dal 2023 al 2043.

Un’analisi presentata oggi (2 aprile), a Palazzo Ducale a Lucca, nell’ambito del convegno “Denatalità. Quale futuro per le nostre scuole?” promosso dalla Provincia di Lucca, da Upi Toscana e dall’Ufficio scolastico IX delle province di Lucca e Massa Carrara. Presenti nell’occasione numerosi amministratori locali, dirigenti scolastici, docenti e addetti ai lavori del mondo dell’istruzione.
La prima parte della giornata – moderata da Paolo Benedetti, dirigente del settore istruzione della Provincia è stata aperta dai saluti istituzionali del presidente della Provincia di Lucca Marcello Pierucci, dell’assessore all’istruzione della Regione Toscana Alessandra Nardini, del presidente di Upi Toscana Gianni Lorenzetti, e del Direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale Ernesto Pellecchia.

A presentare l’analisi è stato l’esperto di statistica di Invalsi Lorenzo Maraviglia il quale, partendo da una premessa generale, è poi entrato nel dettaglio dei dati provinciali che, appunto, vedranno una
flessione generalizzata della popolazione scolastica. Un depauperamento che, secondo la statistica, colpirà soprattutto le aree montane del territorio, ossia la Mediavalle del Serchio e la Garfagnana. E’ di questi giorni la diffusione di dati nazionali Istat che parlano, nel 2024, di un ulteriore calo delle nascite 10mila unità rispetto al 2023 con una contrazione percentuale di 2,6 punti. Un trend che, a giudicare dai dati degli ultimi anni, non prevede inversioni di tendenza ma anzi un progressivo e ulteriore calo di nuove nascite in Italia.
“Ci sarà sicuramente una diminuzione del numero di studenti, abbiamo toccato con mano la contrazione degli studenti a livello di scuole primaria, questo fenomeno continuerà nelle scuole primarie, ma si estenderà poi nelle scuole secondarie di primo e di secondo grado – spiega Lorenzo Maraviglia ricercatore statistico dell’Invalsi -. Da qui a venti anni la riduzione globale e complessiva in tutte le fasce di età scolare sarà superiore a un terzo rispetto alla situazione attuale. Quindi noi avremo il 35% di studenti in meno alle scuole superiori, alle scuole medie, alle scuole primarie già abbiamo in parte una riduzione sostanziale, però arriverà a questo livello. Avremo una società più piccola di un terzo per quanto riguarda l’utenza scolastica e la popolazione che frequenta le scuole. Questo farà sì che una parte sostanziale dell’infrastruttura fisica ma anche immateriale, come gli insegnanti, diventerà in qualche modo sovrabbondante e noi abbiamo il problema di riprogettare un futuro che preservi comunque la capacità del nostro territorio, la nostra comunità di fare formazione, di dare istruzione, di dare coesione alla comunità”.

Un inverno demografico che inevitabilmente toccherà il mondo della scuola e dell’istruzione in generale con tutte le conseguenze che si possono immaginare tra punti di debolezza e opportunità, tra nuove
tendenze e scenari diversi che prospettano nuove sfide all’orizzonte.
Sul territorio provinciale è attesa una diminuzione complessiva di studenti che, nel prossimo decennio, passerà da oltre 6.000 alunni a circa 4.500 unità: con una contrazione, quindi, di 1500 tra bambini e ragazzi. In base alla ricerca Invalsi, in relazione alla classe di età 15-19 anni, la tendenza alla contrazione inizierà a manifestarsi solo dalla fine del decennio ma sarà molto rapida. Una previsione che quindi rende più stingente l’urgenza di decisioni tempestive e di azioni anticipatorie. La contrazione proseguirà ad un tasso inferiore (circa – 10%) nella classe di età di frequenza della scuola primaria, già colpita nello scorso decennio da una significativa emorragia di alunni. Dal punto di vista della programmazione delle risorse formative, le tensioni tenderanno a spostarsi dal terreno delle questioni relative al mantenimento di scuole primarie ed istituti comprensivi situati in aree montane/periferiche, a quello delle scelte relative alla programmazione dell’offerta scolastica secondaria di secondo grado (scuole superiori).
Gli effetti a caduta di questa flessione derivante dal depauperamento demografico e sociale delle zone montane e collinari – è stato spiegato – si aggiungeranno quelli connessi alle tensioni che si manifesteranno in un segmento dell’istruzione – quello superiore – dove negli ultimi anni sono andati emergendo modelli di competizione fra scuole, e fra istituti scolastici ed agenzie formative.

“Che calino gli studenti può essere anche una opportunità – ammette Maraviglia -. Abbiamo la necessità di ripensare il ruolo della scuola non più soltanto rispetto al segmento limitato della formazione dei giovani, ma rispetto ad obiettivi di coesione di integrazione sociale più ampia. La scuola è una grande agenzia di formazione ma anche di socializzazione, di integrazione, noi in futuro avremo sempre più adulti anche con background migratorio che hanno un titolo di studio basso che avranno quindi bisogno di avere formazione e anche elementi di integrazione nella società, nella collettività, nel sistema in cui vanno a vivere”.
“La prima fase dell’immigrazione, fra il 2000 e il 2010, è stata alimentata soprattutto da gruppi europei – precisa -. Gruppi che condividevano tutta una serie di cose, ad esempio avevano minori barriere linguistiche, avevano un livello di istruzione e una preparazione più alta, avevano una maggiore propensione a integrarsi nel tessuto sociale ed economico. Oggi l’immigrazione che cresce è un’immigrazione soprattutto asiatica e in parte africana ed ha un background culturale diverso dal nostro, un livello di istruzione più basso, hanno maggiore barriere linguistiche, quindi tendono a formare delle comunità relativamente chiuse sul territorio. Qui si pongono diverse sfide, la scuola è una risorsa, perché ha la capacità di raggiungere tutti i giovani. Io credo che questa azione dovrebbe essere estesa anche agli adulti”.