
Una data che sembrava ormai scolpita nella pietra, ma che adesso traballa paurosamente: il closing per la cessione della Lucchese a Lorenzo Grassini – il 26 aprile a Siena, nello studio del notaio Mandarini, alle 17 – potrebbe clamorosamente saltare. Dopo la proroga di dieci giorni unilateralmente concessa da Arnaldo Moriconi, l’attuale detentore delle quote di maggioranza del club, ecco infatti affiorare ulteriori ostacoli disseminati lungo la via. Scogli cicatrizzati nella nuova bozza del contratto spedita dai legali di Moriconi a quelli di Grassini. Il patron di Città Digitali – la sostanza delle nuove direttive – fa sapere che si rifiuta categoricamente di accollarsi eventuali sopravvenienze passive, dopo la firma del contratto.
Colpo di coda per far saltare il banco, tardiva presa di coscienza o bluff? Difficile fornire una risposta inequivocabile adesso, a due giorni da una chiusura che era stata battezzata come cosa fatta dagli stessi Grassini e Lucchesi, ancora una volta presenti nella pancia del Porta Elisa – in occasione di Lucchese-Olbia – prima di essere i legittimi proprietari del club.
Sullo sfondo, secondo alcuni, si agita ancora possente e intatto lo spettro di Pietro Belardelli, l’imprenditore romano che fluttua intorno alla Lucchese da mesi, tra ammiccate a Moriconi – con il quale porterebbe avanti affari comuni nell’est Europa – e tentativi di abbordaggio sotto mentite spoglie (gli avvocati pisani restano scolpiti nell’immaginario collettivo del tifo rossonero). Sarebbe questa, secondo il solco tracciato dai catastrofisti (o realisti?) di professione, la vera ed unica mossa di Moriconi: accampare nuove clausole, sfornando il pretesto legato alle poste passive, per preparare il terreno all’uomo d’affari classe 1945, colui che aveva fatto clamorosamente scomodare anche il presidente della serie C, Gabriele Gravina, per sconsigliare lo scenario al pari di una peste bubbonica.
Poi c’è il partito degli ottimisti perpetui, i cantori della calma ad ogni costo. Per loro, Moriconi avrebbe semplicemente deciso di cautelarsi in via definitiva, dopo che i debiti del club – ammontanti inizialmente a circa 800mila euro e lievitati, secondo quanto trapelerebbe, di quasi 200mila euro in fase di due diligence – hanno cominciato a muoversi come placche tettoniche nel bel mezzo della faglia di Sant’Andreas. Un qualcosa che però non era stato messo nero su bianco, nella bozza originaria del contratto e che, adesso, minaccia di far saltare tutto.
Provocando, inevitabilmente, l’ira funesta dalla grande maggioranza dei tifosi. In molti, da settimane, soppesano parole e fatti di Grassini e Lucchesi, per scorgervi un baluginio di speranza. Un appiglio in acque limacciose, quelle che la Lucchese solca ormai da mesi, avvalorato dalla doppia presentazione (davanti alla stampa ed a Lucca United, che adesso torna ad alzare la voce chiedendo rispetto per la Pantera) e dagli atti di presenza allo stadio.
Così, dopo il giorno di festa nazionale, si tireranno le somme, davvero. Nessuno, però, deve cullarsi nell’idea che non ci saranno conseguenze e che ad ogni azione non corrisponderà una reazione. Perché i tifosi autentici ed i lucchesi veri sono sfiniti, sfibrati, quasi disgustati da un teatrino che si protrae senza soluzione di continuità, da troppo tempo. Perché la Lucchese non può che essere il fine ultimo e non certo il mezzo per rinverdire la cupidigia di chi con il calcio ha nulla da spartire.
Paolo Lazzari