
Nessun miracolo, com’era ampiamente preventivabile. La Lucchese viaggia ancora a vista, avvitandosi in un oceano di nebbia, lo schianto che appare sempre più inesorabile con l’accavallarsi delle ore. Il sunto per nulla edificante della giornata di oggi è che il club incorrerà in un’ulteriore penalizzazione di 8 punti per il mancato pagamento degli stipendi e dei contributi di gennaio e febbraio. Servivano 250mila euro, ma non sono stati trovati: uno sprofondo dentro al quale la società rossonera è finita dalla scorsa estate, quando l’allora patron Arnaldo Moriconi cedette a Lorenzo Grassini, e che è proseguito poi con il teatrino del trio romano, quello che nella Lucchese non ha investito un solo euro, a dispetto del progetto pontificato, riuscendo tuttavia ad incassare qualcosa: gli schiaffi al Porta Elisa.
Un horror con gli ammenicoli, insomma. Fino ad oggi. Anche oggi. Adesso alla finestra si affaccia un altro personaggio, quell’Alessandro Nuccilli che avrebbe firmato un contratto preliminare soltanto per iniziare a vedere le carte, per riservarsi di acquistare la società entro il 25 marzo, al massimo al prezzo di un caffè. Un recente passato, il suo, che racconta avventure infelici – per adoperare un simpatico eufemismo – con Akragas, Pavia (è ancora in causa con la proprietà cinese, ndr) e Matera, senza dimenticare i tentativi di acquisire, nell’ordine, Foligno e Monza. Insomma un manager che a fronte del dissesto si impegnerebbe in prima persona, forte della sua posizione da imprenditore edile e del suo ruolo dietro le quinte in Crown Bank, società che offre servizi bancari in giro per il mondo (ha uffici a Minneapolis e in Francia) che, comunque, non presterebbe alcuna garanzia.
Anche se Nuccilli dovesse rilevare una società che, ad oggi, sembrerebbe aver maturato 1,2 milioni di euro di debiti (oltre gli stipendi e i contributi da pagare e la fideiussione da sostituire, ndr) sarebbe comunque troppo tardi per dribblare l’ennesima penalizzazione, condita da conseguente multa aggiuntiva. È assolutamente plausibile, inoltre, che il sindaco revisore Matteo Romani – anch’egli dimissionario – senza garanzie di diverso segno possa portare a breve i libri societari in tribunale.
Nel frattempo – mentre il consiglio comunale si divide su una colletta di 20 euro a testa per la vecchia Pantera – si continuano a fabbricare a getto continuo stratagemmi per tirare avanti. L’ultimo in ordine di tempo è l’anticipo – alle 14,30 – della sfida di sabato alla Pro Patria. Almeno non sarà necessario utilizzare i costosissimi riflettori. Già, ma potrebbe non bastare comunque per aprire lo stadio: è per questo che Obbedio e la squadra – gli unici a metterci ancora la faccia, insieme al socio all’un per cento Moreno Micheloni – sperano in una prevendita corposa, cioè nell’ennesimo sussulto da parte dei tifosi, per continuare a volare ad oltranza, più forti dello sfacelo e dell’universo che frana tutto intorno. Tutto questo, mentre i politici locali litigano rimpallandosi responsabilità. Mentre si attende (invano?) che la giustizia sportiva e quella ordinaria pongano un freno a chi, incredibilmente, continua a comportarsi come il padrone della festa senza che nessuno alzi la mano per dire “No, guardate che non si può mica fare”. Mentre un ricchissimo tessuto imprenditoriale locale tace, per nulla attratto dalla prospettiva di gettare soldi in quella sanguisuga infernale che è la tragicomica serie C di oggi. “Più forti di tutto”, intonano i supporters. C’è una nota di verità racchiusa in queste quattro parole, una vibrazione positiva ed un attaccamento ancestrale che nessun (ennesimo) fallimento potrà mai lavare via.
Paolo Lazzari