San Rocchino, la morìa di pesci provocata da un’alga tossica

28 marzo 2017 | 18:02
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San Rocchino, la morìa di pesci provocata da un’alga tossica

Sarebbe un’alga la ragione di una moria di pesci nell’invaso di San Rocchino, nel gennaio scorso. La conferma emerge dalle indagini dei responsabili del settore Versilia Massaciuccoli dell’Arpat e del laboratorio di ittiopatologia dell’istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e della Toscana. Il 17 gennaio Arpat ha effettuato un primo sopralluogo con la polizia provinciale di Lucca. Sono stati misurati alcuni parametri chimico-fisici dell’acqua (pH, conducibilità e ossigeno disciolto) che non hanno evidenziato anomalie. Il personale del luogo ha riferito di non aver percepito né odori né colorazione anomala dell’acqua.

Il 20 gennaio Arpat ha effettuato un prelievo di campioni di acqua per l’effettuazione della prova di ecotossicità su Daphnia magna il cui risultato, (87% di immobilità), ha evidenziato la presenza di sostanze tossiche nell’acqua. La ricerca di alghe tossiche ha evidenziato la presenza di Prymnesium parvum che ha azione ittiotossica. Le indagini sono proseguite con altri campionamenti in data 25 gennaio e 10 febbraio, al fine di accertare la presenza di metalli tossici o altre sostanze organiche eventualmente presenti. “Non sono stati rilevati analiti in concentrazioni tali da indurre effetti tossici (i metalli determinati hanno concentrazioni confrontabili a quelle delle acque potabili) – conferma Arpat -. Anche lo screening effettuato mediante gas-massa non ha evidenziato la presenza di particolari sostanze organiche inquinanti a livelli di concentrazione significativi”.
Durante il campionamento del 10 febbraio, i parametri chimico-fisici misurati in campo hanno evidenziato che, dai 6 metri di profondità in poi, le caratteristiche delle acque cambiano con un aumento consistente della conducibilità ed una netta riduzione dell’ossigeno disciolto. Sempre il 20 gennaio la Polizia provinciale ha prelevato alcuni esemplari di carpa comune (Cyprinus carpio) che sono stati consegnati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Pisa (Laboratorio di ittiopatologia) come previsto dalle linee guida regionali per la gestione delle morie di ittiofauna. Su tutti gli esemplari, oltre all’esame anatomo patologico, sono stati effettuati gli esami parassitologici e la ricerca di agenti patogeni batterici e virali, che hanno dato esito negativo. L’approfondimento istopatologico ha evidenziato un quadro di grave sofferenza a carico delle branchie riferibile a “branchite proliferativa grave, multifocale”. “Si tratta – spiega Arpat – di un quadro aspecifico, correlabile ad esposizione a sostanze di diversa natura, che potrebbe essere compatibile con l’azione tossica di Prymnesium parvum che in passato ha provocato morie imponenti nel Lago di Massaciuccoli. Le sue tossine provocano tipicamente un danno branchiale ed esplicano la loro attività sia per azione diretta che per aumentata permeabilità a contaminanti che possono risultare tossici anche a concentrazioni altrimenti non dannose. Il danno branchiale nella fase iniziale è reversibile, tanto da ottenere una completa ripresa e remissione dei sintomi se i pesci vengono allontanati, fenomeno osservato su diversi esemplari spostati in un invaso adiacente ma non comunicante”.