
Partito ufficialmente l’iter per la definizione e l’approvazione dei piani attuativi dei bacini estrattivi, strumenti urbanistici recentemente introdotti dalla Regione Toscana per la disciplina delle nuove attività di cava e per la riattivazione di siti estrattivi dismessi. Nella seduta di mercoledì scorso la giunta municipale ha infatti licenziato la relazione di avvio del procedimento e, contestualmente, il documento preliminare di Vas (valutazione ambientale strategica), primo passo essenziale per la costruzione dei Piani.
Sei i bacini marmiferi interessati – Tacca Bianca, Mossa, Monte Altissimo Est, Monte Pelato, Retro Altissimo e Canale delle Gobbie – tutti di proprietà della società Henraux. La via scelta dal Comune, in un’ottica di stretta sinergia con l’azienda, è quella di un procedimento “di iniziativa privata”, regolato da un protocollo d’intesa approvato dal Consiglio Comunale a febbraio dello scorso anno. Il lavoro è affidato a un pool di qualificati professionisti guidati dal professor Massimo Sargolini, ordinario di urbanistica alla scuola di architettura e design dell’Università di Camerino, esperto di livello internazionale sui temi della pianificazione del territorio, del paesaggio e delle aree protette. Rientra nei Piani anche una piccola porzione di territorio seravezzino in località Tre Fiumi, il cui Bacino è quasi interamente ricompreso nel Comune di Stazzema.
“Il percorso individuato dal Comune di Seravezza per i Piani di Bacino prevede una stretta collaborazione tra parte privata, unica proprietaria di tutti i bacini estrattivi individuati dalla Regione Toscana sul nostro territorio, e parte pubblica – commenta il sindaco Riccardo Tarabella -. Un percorso iniziato dall’amministrazione Neri che la mia amministrazione ha portato avanti in questa prima fase impegnando a fondo l’assessorato e gli uffici in una collaborazione attiva e propositiva, che ha già permesso di mettere a punto un complesso pacchetto di documenti – quadri conoscitivi, studi generali di coerenza e conformità, temi meritevoli di approfondimento, indirizzi di lavoro e cartografie – allegato alla relazione di avvio da noi approvata mercoledì scorso. Già da questo lavoro preliminare traspare l’impegno del Comune nel dare indirizzo e attuazione ai Piani di Bacino che, come tutti gli strumenti di questo tipo, avranno una cadenzata serie di approdi pubblici in consiglio comunale”.
I piani di bacino rappresentano una novità nell’ordinamento di governo del territorio toscano, introdotti dalla legge regionale 65/2014 e con carattere eminentemente paesaggistico. Disegnano un quadro di regole generali entro le quali possono svolgersi le attività di cava – sia le nuove sia quelle da riattivare – che a livello di singolo sito sono poi definite con puntualità dai consueti piani di coltivazione. I piani di bacino restano in vigore per dieci anni e puntano a individuare da un lato le quantità sostenibili di materiali da estrarre e le relative localizzazioni, dall’altra le cave e le discariche di cava, quali i ravaneti, da destinare esclusivamente ad interventi di riqualificazione paesaggistica. Per quantità sostenibili dal punto di vista paesaggistico si intendono quelle che, “salvaguardando le Alpi Apuane in quanto paesaggio naturale e antropico unico e non riproducibile, consentono il sostegno economico alla popolazione locale attraverso lavorazioni di qualità in filiera corta di tutto il materiale lapideo ornamentale estratto”. A tal fine l’obiettivo da raggiungere al 2020 è di almeno il 50% delle lavorazioni da attuare in filiera corta.
Le regole di fondo sono quelle fissate dal piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana, ovvero, a livello estremamente schematico: all’interno dei bacini l’attività estrattiva è finalizzata ai materiali lapidei ornamentali e non può essere autorizzata per la sola produzione di inerti; non è ammessa la realizzazione di nuove discariche di cava; la prosecuzione della coltivazione delle cave è regolata in modo da garantire la sostenibilità degli effetti e il corretto sfruttamento della risorsa lapidea, anche in considerazione delle caratteristiche storico identitarie dell’attività di escavazione nell’area.
“Come si può capire, ci muoviamo in un ambito estremamente complesso e con obiettivi che si compenetrano – i fattori di tutela paesaggistica e quelli di sviluppo economico, ad esempio – la cui critica compresenza dovrà essere oggetto di attenta e approfondita valutazione durante le fasi di pianificazione”, spiega il vicesindaco con delega all’urbanistica Valentina Salvatori. “Quello svolto fino ad oggi è stato un lavoro, sebbene preliminare e preparatorio, già molto approfondito nella ricognizione di tutti gli elementi conoscitivi del territorio reperibili presso gli uffici comunali e le banche dati regionali. Altre preziose informazioni sono state acquisite ricorrendo a nuovi e sofisticati strumenti d’indagine, come ad esempio i rilievi aerei disposti dall’azienda per avere un quadro aggiornato dello stato dei luoghi. Sono state prese inoltre importanti decisioni, come quella di definire una nuova cartografia con scala di dettaglio urbanistico di 1 a 2000, più puntuale di quella disponibile attualmente, e di corredare i Piani di indagini geologiche, anche in considerazione della collocazione in area sismica delle attività estrattive. Un lavoro già importante e corposo, che ha visto Comune di Seravezza ed Henraux impegnati fianco a fianco, e che nei prossimi mesi verrà ulteriormente approfondito grazie anche ai contributi che l’Amministrazione Comunale si aspetta di raccogliere nel corso di un percorso partecipativo che coinvolgerà cittadini, associazioni, sindacati, portatori di interessi ed operatori qualificati del territorio. La partecipazione sarà uno dei punti qualificanti di questo lavoro, per condividerlo e in tal modo arricchirlo in vista dell’approdo in Consiglio Comunale per il primo e significativo passaggio, quello dell’adozione”.
Pur trattandosi di strumenti di natura sperimentale e con finalità del tutto particolari, i Piani di Bacino seguono l’iter procedurale classico dei piani attuativi di tipo urbanistico, che prevedono un doppio passaggio in Consiglio Comunale, prima per l’adozione quindi per l’approvazione definitiva. Tra i due momenti è prevista una valutazione da parte della conferenza di servizi convocata dalla Regione e con la partecipazione di tutti gli enti territoriali interessati, inclusi i competenti uffici del Ministero per i beni e le attività culturali, allo scopo di verificare in via preliminare il rispetto della disciplina dei beni paesaggistici.