


E’ vero che l’abito non fa il monaco? Forse per molti, ma non per tutti. Per alcuni deve vestire sempre Prada. Se lo sarà detto probabilmente anche il sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro dopo l’esperienza avuta in un locale di Viareggio ieri sera (8 agosto). Il primo cittadino “in libera uscita”, pensa che anche lui ha il diritto di mettersi comodo al tavolo dopo aver passeggiato in una tenuta più che adatta a difendersi anche dal caldo. Così, normalmente, entra in un ristorante per una cena con una coppia di amici. Nulla di formale, s’intende. Nulla a che vedere con l’attività amministrativo. Ed ecco anche il perché dell’abbigliamento: pantaloncini e camicia a maniche corte. Ma arriva subito la sorpresa: il cameriere gli fa notare che così non può rimanere nel locale e dopo qualche consulto con il gestore, invita il sindaco ad andarsene.
“Stasera sono stato cortesemente invitato ad uscire da un locale – racconta Del Ghingaro su Facebook -. Un’esperienza un po’ umiliante vi confesso, ma parto dal concetto che tutto fa cultura e serve a dare e darsi le misure del vivere nella società”. E dopo la foto diventata virale su Facebook che ironizzava sull’abbigliamento sempre impeccabile di Del Ghingaro, ora un episodio al rovescio mostra un lato più privato e ‘umano’ del primo cittadino. Ed è lui stesso a svelarlo.
Il sindaco parte raccontando anche l’antefatto e postando la foto di come era vestito (qui a fianco, ndr). “Qualche giorno fa concordo una cena con una coppia di amici, da tanto dicevamo di vederci e finalmente ci si fa. Fisso in un ristorante dove vado ogni tanto e, visto che non é una cena istituzionale ma tra veri amici, mi sento libero di vestirmi casual – spiega -. Arriviamo, ci fanno sedere ad un tavolo sulla Terrazza sul mare, chiacchieriamo con altre persone che conosco ad un tavolo vicino, ci raccontiamo la giornata, rilassati e contenti di rivederci finalmente con calma. Ad un certo punto mi si avvicina il cameriere imbarazzato e mi comunica che, considerato che non indosso pantaloni lunghi, non posso stare in quel locale. Gli spiego (stupito) che non lo sapevo, spiego anche il perché sono vestito così, che sono in libera uscita, che anch’io sono una persona normale, con una vita normale, con dei vestiti normali. Prende tempo, ma dopo pochi minuti ritorna e mi chiede gentilmente di uscire, perché le regole di quel locale sono quelle anche se non conosciute né illustrate all’ingresso, si scusa ma non può fare diversamente”.
Il sindaco allora non ci pensa due volte: “A quel punto non mi rimane che alzarmi, salutare le persone stupite al tavolo vicino, chiedere scusa ai miei amici e uscire, non senza vergogna. Non sapevo che esistessero regole così ferree d’agosto in un locale sul porto – spiega -, ma giustamente l’ignoranza non è ammessa e non posso che prendere atto che in quel posto ci si deve andare con i pantaloni lunghi, anche se continuo a chiedermi come una persona può saperlo se nessuno glielo dice o lo scrive all’ingresso. Al di là dell’episodio, spiacevole e, confesso, anche sgradevole, alla fine ho cenato bene da un’altra parte (molto bene), in ottima compagnia, senza censure sui vestiti, anche se con la brutta sensazione di aver subito una piccola violenza. Mi sono fatto una domanda: ma in quel locale controlleranno oltre ai vestiti, che so, il casellario giudiziale, il permesso di soggiorno, il codice fiscale, il certificato di sana e robusta costituzione, il tesserino di pesca, il colore della pelle, la tessera di partito, l’attestato di laurea, etc etc? Boh, giuro che la prossima volta (non certamente lì, garantisco) m’informerò prima d’entrare. Ma poi, detto fra noi, ero davvero vestito così male??!!”.
La ‘difesa’ del ristorante. Il ristorante in questione è quello del Club Nautico Versilia, in Darsena. E lo conferma il consigliere della segreteria Muzio Scacciati, che, dispiaciuto per quanto accaduto, spiega anche che è il regolamento dello stesso circolo a prevedere un ‘dress code’ ben preciso, riportato in due cartelli affissi al pubblico. Tra le indicazioni ci sarebbe anche quella di indossare pantaloni lunghi dopo le 19.
“C’è un regolamento – spiega Scacciati -, come riportano due cartelli, uno in bacheca appena si entra, ed uno dove sono le scale che portano ai piani superiori, compreso il ristorante, in cui c’è scritto che i soci dovranno essere vestiti in maniera corretta. Per particolari manifestazioni sarà richiesta la divisa sociale (giacca blu e pantaloni grigi, cravatta sociale) o l’abito scuro. Dopo le 19 i soci e i loro ospiti potranno accedere ai locali della sede e del ristorante indossando i pantaloni lunghi. Ieri sera – aggiunge poi Scacciati – non ero presente altrimenti avrei potuto cercare di chiarire subito la cosa. Al cameriere è stata segnalata la presenza del sindaco con i bermuda da alcuni soci seduti ad un altro tavolo, che forse non lo hanno riconosciuto. Ed è per questo che è stato invitato ad andare via. C’è un regolamento del club a cui bisogna attenersi. Mi dispiace di quanto accaduto e spero che ci sia occasione per un chiarimento con il sindaco a cui è mia intenzione di dare la tessera di socio”.
Del Ghingaro intanto ha riconosciuto che può avere sbagliato e aggiunge che “non mi aspettavo comunque quanto accaduto”.
Cartello in Comune. Intanto stamani la foto del sindaco con i bermuda ‘incriminati’ e un cartello scritto a penna: “Io non posso entrare”, sono stati affissi sulla porta dell’ufficio del primo cittadino, in Comune. Così una collaboratrice del sindaco ha ironizzato su quanto accaduto ieri sera al primo cittadino.