Un’opera di Filippo Ciavoli per le esposizioni del banco Bpm in piazza Duomo a Pietrasanta

All’interno della filiale del Banco Bpm a Palazzo Panichi in Piazza del Duomo a Pietrasanta, continuano gli appuntamenti con l’arte contemporanea a cura di Enrico Mattei. La Vetrina è uno spazio espositivo per progetti curatoriali e ricerca sul mondo dell’arte contemporanea internazionale e italiana. Dopo due stagioni estive con maestri del calibro di Christo, Cattelan, Scheggi, Fontana, Boetti, Colombo, Dadamaino, Vasarely, Dorazio, ecetera riparte la ricerca sui giovani artisti e questo ottobre vede protagonista fino al 9 novembre Filippo Ciavoli con un acrilico su tela dal titolo Toeba (anagramma di Beato).
La sua ricerca pittorica riguarda il disfacimento dell’immagine, il ritorno alla percezione pura, quasi come se vedesse il mondo per la prima volta con gli occhi di un neonato, che non è ancora in grado di distinguere e di tradurre la realtà esterna. L’artista attua la sua rivisitazione storica (da Blake a Picasso passando per Cézanne) tramite la tecnologia contemporanea, un mezzo (medium) per rendersi indipendente grazie a programmi (softwares) di grande potenzialità alla portata di tutti. L’uso della tecnologia non serve a sostituire una tecnica artistica nobile come la pittura, ma a sviscerare la visione della realtà. Mentre il bambino di Picasso “disegna”, quello di Ciavoli “guarda”, e diversamente dai pionieri dell’arte contemporanea, egli parte dal fenomeno per arrivare al puro senso (in questo caso la vista) nel tentativo di superare il noumeno stesso, andando oltre il riconoscibile-misurabile, oltre l’idea di forma-simbolo. Il problema che avvertiamo in queste tele è quello del relazionarsi con l’esterno, il necessario sentito bisogno di ricomporre dei vetri infranti e ristabilire un ordine. Immersi nel caos del consumismo cerchiamo di reagire al bombardamento della “società delle immagini”, nel tentativo di trovare una soluzione. Per farlo Ciavoli vuole dunque ripartire da zero, da Cézanne, ma in un’altra direzione, e per farlo si serve, come già detto, della tecnologia, per poi fissare l’immagine ottenuta con il sapiente uso della pittura: le pennellate sono circoscritte, il procedimento è lento e minuzioso, una pittura da orefice, composta di netti nuclei cromatici. Non esistono più riferimenti per lo spettatore, non si trovano nelle sue tele significati imposti, anzi, quando presenti, siamo chiamati ad essere testimoni del loro disfacimento, e questo ci rende capaci di osservare una realtà differente, mai vista prima o quantomeno vista in età infantile e impossibile da ricordare.