Strage Viareggio, presidio davanti al tribunale

Si è svolta oggi (26 marzo) a Firenze l’udienza numero 26 del processo di appello per la strage di Viareggio. Prima dell’inizio dell’udienza, davanti al tribunale le associazioni Il mondo che vorrei e Assemblea 29 giugno, che raccolgono i familiari delle vittime del 29 giugno 2009 hanno organizzato un presidio di protesta. Sono stati appesi degli striscioni con i volti di Mauro Moretti, all’epoca presidente di Rfi, e di Michele Mauro Elia che in quell’incarico lo sostituì. In aula infatti è fissata l’udienza durante la quale sono previsti gli interventi delle difese dei due manager.

“Siamo alla fine di un processo che va avanti da 10 anni – ha detto Daniela Rombi, presidente di Assemblea 29 giugno – e in tutto questo tempo niente è cambiato. Noi vogliamo, e pretendiamo, giustizia ma soprattutto chiediamo che siano messe in atto quelle misure di sicurezza che non c’erano nel 2009 a Viareggio e che ancora non ci sono per il trasporto di merci pericolose”.
In aula l’udienza, dopo il lungo appello del presidente della corte Paola Masi, mentre i familiari sistemavano sulle sedie le magliette con le foto delle 32 vittime, sono arrivati anche alcuni degli imputati, tra questi Mauro Moretti e Michele Mauro Elia. Proprio i difensori di quest’ultimi, gli avvocati Carla Vanduchi e Alfonso Mario Stile, hanno iniziato le loro arringhe difensive. Moretti ed Elia, in primo grado, furono condannati rispettivamente a sette anni e a sette anni e sei mesi.
Il procuratore generale Luciana Piras, nella sua requisitoria, ha chiesto per Moretti 15 anni e 6 mesi (anche come ad di Fs, che invece lo vide assolto al termine del primo processo a Lucca) e 14 anni e sei mesi per Elia.
“Con oggi dovrebbero terminare gli interventi delle difese, il processo si avvia alla sua fase conclusiva con le repliche dei pm, delle parti civili e delle stesse difese, previste per aprile – dice sulla sua pagina Facebook il consigliere regionale Stefano Baccelli, all’epoca dei fatti presidente della Provincia di Lucca – Ci avviciniamo anche al 29 giugno 2019, cioè al compimento del decimo anno dal disastro ferroviario e dalla strage di 32 vittime innocenti. Dieci anni trascorsi tra indagini, inchiesta, incidente probatorio, giudizio di primo grado ed ora d’appello al Palazzo di Giustizia di Firenze. Dieci anni durante i quali i familiari delle vittime non hanno trascorso giorno senza chiedere giustizia per i loro cari ed impegnarsi con la stessa determinazione per ottenere sicurezza per i loro concittadini. Dieci anni segnati da ulteriori sofferenze ma anche da una forte solidarietà tra di loro e dal sostegno di tanti ed in particolare della intera comunità della città di Viareggio che sono sicuro si stringerà loro sia in occasione della sentenza d’appello, sia il prossimo 29 giugno”.
Durante l’udienza la difesa dell’ex ad di Rfi Michele Mario Elia ha sostenuto che la sentenza di condanna del tribunale di Lucca “è una sentenza populista fatta per dare in pasto ai familiari delle vittime nomi noti sull’onda di un populismo sulla quale l’Italia sta deragliando”. Parole dure dell’avvocato Carla Manduchi, uno dei difensori dell’ex ad di Rfi,in un passaggio dell’arringa al processo d’appello a Firenze.
“Stiamo avendo una deriva, prima di tutto noi cittadini, e i riflessi si stanno avendo in varie sedi, non solo quelle politiche” e “il populismo è l’espressione di quello che avviene in più settori e in più strati della società italiana”, ha poi spiegato in una pausa dell’udienza Manduchi che con l’avvocato, professor Alfonso Stile, difende Elia.
“Ho parlato di populismo – ha anche spiegato l’avvocatessa – perché la giustizia non deve essere la ricerca di un capro espiatorio ma accertamento serio basato su regole scientifiche di quello che è accaduto. E pensiamo che questo non sia stato fatto nella sentenza di primo grado”.
Riguardo alla difesa di Elia Stile ha detto che “abbiamo messo in evidenza come alcuni aspetti del processo, come la determinazione della pena, o la mancata concessione delle attenuanti generiche, sono aspetti che” in sentenza “si sono negati senza tener conto delle attività svolte durante una vita delle persone. Per me questo è populismo e lo dico”.
Stile, parlando con i giornalisti, ha anche spiegato che “strage è una parola usata in modo improprio. Noi qui abbiamo un disastro e dei morti mentre la strage è un fatto doloso, volontario, come possono esser state la strage di piazza Fontana, la strage di Bologna. La strage è dolosa, qui invece si discute di un disastro colposo”. “Per rispettare l’immensità del danno, che è fuori discussione – ha aggiunto -, si è voluto trovare un”immensità della sfera della colpevolezza. Questo per me è un errore macroscopico in cui è caduta la sentenza di primo grado”.

Sostieni l’informazione gratuita con una donazione

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di Lucca in Diretta, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.