Boom di accessi al pronto soccorso del Versilia, Rossi (Cgil): “Pensare al lockdown per arginare terza ondata”

Il segretario generale: “La tutela della salute dipende dalla tenuta del sistema sanitario pubblico”
Rapido aumento degli accessi in pronto soccorso, la preoccupazione dei sindacati.
Il tema è emerso giovedì scorso (4 marzo) durante l’incontro fra Cgil, Cisl, Uil e la direzione aziendale e sanitaria della zona distretto della Versilia.
“L’ospedale – dice il segretario generale della Cgil – ha risposto aumentando i posti letto Covid ordinari e in terapia intensiva, dedicandovi personale e spazi, e depotenziando di conseguenza le attività non Covid non urgenti. L’esperienza accumulata nello scorso anno aiuta ad affrontare questo momento, così come il sistema di rete previsto tra gli ospedali e le modifiche strutturali realizzate in questi mesi. L’ospedale Versilia si è infatti dotato di “bolle”, strutture a pressione negativa realizzate strategicamente nel pronto soccorso, in ostetricia, in pediatria e in altri reparti, per garantire le cure necessarie anche ai contagiati. Si tratta di investimenti importanti per garantire la sicurezza di pazienti ed operatori nel corso dell’emergenza, ma queste “bolle” potranno essere riutilizzate anche in futuri casi in cui sia necessario l’isolamento dei pazienti“.
“Ma a preoccupare maggiormente è la tenuta del sistema – prosegue Rossano Rossi – sottoposto a stress continuo da più di un anno, che nonostante i sacrifici e le modifiche adottate, mostra evidenti segni di stanchezza. Non dimentichiamo che, in seguito ai tagli alla spesa sanitaria portati avanti di anno in anno, il sistema sanitario è arrivato ad avere un personale insufficiente, ben al di sotto della media europea. Già prima della pandemia, la gestione degli ospedali dipendeva spesso dal ricorso agli straordinari del personale. Inoltre, per gli operatori sanitari che nel febbraio 2020 hanno affrontato praticamente a mani nude l’epidemia, dopo aver atteso per più di 10 anni un rinnovo contrattuale, si prospetta un altro rinnovo al ribasso”.
“È sorprendente la forza tirata fuori da questi lavoratori – dice il sindacalista . per reggere l’impatto della prima ondata. Poi è arrivata la seconda ondata ed adesso siamo in piena terza. Con i lavoratori immersi continuamente, giorno dopo giorno, in situazioni di stress, fatica e rischio inimmaginabili. All’inizio la popolazione ha apprezzato questo sforzo, salutando gli “eroi” dai balconi. Poi si è vista la recrudescenza della violenza contro gli operatori sanitari nelle forme più varie. Condomini che cercavano di cacciare gli operatori sanitari dal palazzo, genitori che si lamentavano se nella classe dei figli erano presenti figli di chi lavorava in ospedale…”
“Quello che manca – dice ancora Rossi – è la presa di coscienza del nostro vivere in una pandemia: non si vuol vedere né sapere quale sia la reale e tragica situazione dentro gli ospedali. Non si vuol capire che i comportamenti dei singoli incidono sull’andamento dei contagi, e quindi sulla pressione che grava sul sistema sanitario. Ci si lamenta di essere stanchi, di non farcela più senza la vita sociale, culturale, normale. Sono cose giustissime e condivisibili, ma la domanda da farsi adesso è: questi momenti di quotidianità valgono il rischiare la vita stessa, nostra e di chi ci sta vicino? Dobbiamo capire che la tutela della salute dipende dalla tenuta del sistema sanitario pubblico, e che tutti dobbiamo sforzarci per garantirne il miglior funzionamento possibile. Questa è la priorità per tornare in futuro alla nostra vita ordinaria”.
“Come organizzazioni sindacali – conclude Rossi – conosciamo bene il tremendo peso sociale ed economico di un lockdown, ma bisognerebbe valutare se riproporlo di fronte all’escalation della terza ondata, almeno finché la campagna vaccinale non avrà coperto una parte sufficiente della popolazione”.