Dal triage alle cure: il pronto soccorso del Versilia è un’eccellenza

7 ottobre 2021 | 16:30
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Dal triage alle cure: il pronto soccorso del Versilia è un’eccellenza
Dal triage alle cure: il pronto soccorso del Versilia è un’eccellenza
Dal triage alle cure: il pronto soccorso del Versilia è un’eccellenza
Dal triage alle cure: il pronto soccorso del Versilia è un’eccellenza
Dal triage alle cure: il pronto soccorso del Versilia è un’eccellenza
Dal triage alle cure: il pronto soccorso del Versilia è un’eccellenza

Competenza, professionalità e multitasking nel reparto diretto dal primario Giuseppe Pepe: “La struttura è di tutti, ma ci si deve arrivare solo in caso di emergenza”

Dal triage, alle cure. Il pronto soccorso dell’ospedale Versilia, diretto dal primario dottor Giuseppe Pepe, serve tutti i comuni della Versilia. Quasi 2mila pazienti ogni chilometro quadrato.

Ed è proprio al direttore del reparto cheLucca in Diretta ha rivolto qualche domanda

Come avete gestito gi accessi durante il periodo Covid?
“Dall’inizio della pandemia abbiamo avuto degli ammalati separando i sospetti Covid da tutti gli altri, in aree ben delimitate e presidiate da personale sanitario che indossava gli idonei Dpi. Questo ha permesso di evitare promiscuità tra ammalati e personale impegnato nell assistenza dei pazienti con patologie che non avevano sintomi suggestivi di patologia Covid. È stata dura perché all’inizio i tempi di analisi del tampone molecolare erano necessariamente allungati così come la permanenza in pronto soccorso. I  casi di Sars Cov2 diagnosticati nel reparto da me diretto sono state molte migliaia. Nel primo lockdown gli accessi impropri con le urgenze minori (vedi piccoli traumi) si sono quasi azzerati e questo non ha messo in crisi la struttura che ha potuto finalmente impegnare tutte le risorse su gli ammalati critici. Inoltre gli utenti con sintomi sospetti o malattia nota hanno rispettato le indicazioni ministeriali di non recarsi in pronto soccorso e questo ha permesso di non sovraccaricare l’ospedale stesso. che ha potuto pertanto lavorare sui pazienti più gravi, stabilizzarli, curarli anche solo in pronto soccorsp, spesso rinviarli a domicilio in sicurezza. Salvando l’ospedale e dedicando i posti letto per gli ammalati più gravi che avevano necessità di cure ospedaliere più intensive”

Circa 200 gli accessi giornalieri, e in estate ovviamente aumentano. Quali sono le difficolatà maggiori che affrontate?
“Nel 2019 il pronto soccorso dell’ospedale Versilia ha registrato circa 85mila accessi. In media oltre 200 visite giornaliere durante l’anno. Con punte di 400 nel mese di agosto. Nel periodo estivo precediamo sempre con il potenziamento del personale soprattutto nelle fasce orarie più affollate. Ma non è possibile raddoppiarlo. E non è giusto. Spesso il personale ha problemi a gestire “la folla” più che la malattia in sè. A prescindere dalla gravità. Le risorse fisiche dei sanitari vengono purtroppo maggiormente assorbite da chi ha poco, cioè problemi minori, ma maggiori energie per lamentarsi del tempo che passa all’interno del pronto soccorso, a suo avviso eccessivo. Le persone invece che stanno male e intuiscono la propria gravità stanno in silenzio e rispettano il personale che si deve tuttavia dividere anche su quelli utenti che attirano l’attenzione a voce grossa nel tentativo di velocizzare la propria problematica minore . Non curanti che il loro accesso improprio sta assorbendo energie che invece sono vitali per quell’ammalato grave che avrebbe bisogno di avere per più tempo un sanitario al proprio fianco. Questo è il nostro più grande problema. Riuscire a far comprendere che utilizzando impropriamente il pronto soccorso si contribuisce ad aggravare lo stato di salute di quegli ammalati che invece ne hanno davverobisogno”.

Molti pazienti si rivolgono al pronto soccorso con problematiche minori, sul territorio esiste un filtro per questi pazienti diciamo da codice bianco?
“Come dicevo, i codici bianchi (oggi definiti con codifica numerica minori 4/5) sono quelle non urgenze o problemi minori che potrebbero trovare una soluzione fuori dall’ospedale. L’epoca CoVid ha dimostrato di fatto che gli utenti non giunti in pronto soccorso hanno trovato la migliore soluzione fuori dall’ospedale. Abbiamo avuto un calo di accessi anche del 25/30%. Le statistiche confermano che su queste casistiche non ci sono state complicanze fatali, causate dal ritardato accesso all ospedale. Rimane  da pensare che il naturale filtro all’accesso improprio al pronto sia stato realizzato dagli stessi pazienti, magari confortati dai medici curanti che trattandoli a domicilio hanno svolto un ottimo lavoro. Rimanere a casa o consultare il proprio medico per una piccola ferita non più sanguinante o un piccolo trauma ad una estremità. Questo risultato andrebbe consolidato nel prossimo futuro, se vogliamo davvero che Il nostro pronto soccorso faccia il proprio lavoro, sempre meglio.  Se poi si ritiene di avere diritto di consultarlo, a queste persone si chiede soltanto di non pensare che il reparto sia un primo soccorso dove si fa prima e non si deve aspettare, in nome di una prontezza che non è sinonimo solo di velocità. Semmai di tempestività ma su quelli gravi”.

Come avviene il triage quali sono i parametri che ne individuano la gravità?
“Il triage presente all’ingresso del pronto soccorso è ormai il motore principale della nostra struttura. Spesso erroneamente si pensa sia uno smistamento numerico come al supermercato. Non è lo sbarco dei mezzi di soccorso”dove erroneamente ancora si è convinti che se si giunge in ambulanza con la sirena accesa si passa prima oppure si è logicamente più gravi. L’arrivo in ambulanza non garantisce di essere visti prima, ma solo di far risparmiare a qualche furbetto il parcheggio dell’auto, pur consapevole di aver sottratto il mezzo di soccorso a qualcuno più grave. Il triageè infatti il momento più importante quando si giunge all’ospedale per una emergenza urgenza. L’infermiere presente è infatti specializzato, sulla base della raccolta dei sintomi, ad indirizzare il caso nei percorsi sanitari appropriati, che non si basano solo sulla priorità di accesso alle cure ma anche sulla complessità e sulle risorse necessarie a risolvere il problema. Il triage, che ha codice numerico (1 emergenza, 5 problema minore) permette infatti di distribuire la casistica nelle varie aree assistenziali, dove c’è personale e strumentazione adeguata a gestirla. Una ustione grave è cosa diversa da un bruciore di stomaco. Un pedone investito è più complesso di una distorsione di caviglia. Un dolore di schiena da settimane è meno urgente dalla presenza di una oppressione al centro del petto. Medici ed infermieri devono infatti diversificare il tempo di priorità di intervento e di assistenza sulla base della complessità dell’intervento necessario. Ascoltare i disturbi, saper orientare le domande, focalizzarsi sul vero problema, intervenire rapidamente. Confermare la ipotesi diagnostica. Osservare l’evoluzione. Tranquillizzare il paziente ed anche i parenti.  Tutto insieme simultaneamente. Dosando bene tempo e risorse. Non è sempre facile quando c’è sovraffollamento, ancora meno poter prevedere dopo 5 minuti dall’arrivo in pronto quel disturbo come possa evolvere… cioè come andrà a finire”.

Quanto dura la media di attesa per un paziente prima di accedere alla visita?
“La presa in carico degli ammalati giunti in pronto soccorso- cioè l’attesa tra l’arrivo e la visita del medico – è immediata per i codici di emergenza (1/2). Le altre urgenze possono attendere la visita del medico, dopo essere comunque state prese in carico da un sanitario al triage, meno di due ore. Su questa casistica meno urgente il tempo di permanenza in pronto soccorso (più che l’attesa) dipende dalla casistica presente in quel momento, dai tempi di esecuzione e referto e degli accertamenti (esami del sangue, radiografie o Tac) e dall’eventuale coinvolgimento di altri specialisti in consulenza.È un lavoro di squadra che coinvolge altri professionisti interni ed esterni, con i quali dobbiamo interagire rispettando anche la tempistica di ciascuno. Questo l’utente fa fatica a comprenderlo e i sanitari del pronto soccorso ci devono mettere la propria faccia, essendo l prima e spesso unica faccia del sistema. Infatti i cosiddetti tempi di processo talora non possono essere “compressi” per esigenza di percorsi (vedi ad esempio gli enzimi cardiaci seriati nelle ore) ma neanche accorciati ulteriormente per le risorse disponibili in quel momento. Se l’ortopedico è in sala operatoria su una brutta frattura, l’utente in pronto soccorso con una distorsione di caviglia dovrà attendere ed avere pazienza.

Per fare il medico in pronto soccorso occorre, quindi, una certa “vocazione”. C’è mancanza di personale?
“La crisi di vocazione è ormai una criticità nazionale
, una delle più difficili da risolvere per il serivizio sanitario in Italia. Inevitabilmente anche la Versilia ne è colpita, ma c’è chi sta peggio. Soprattutto mancano medici anche a causa di abbandoni e per la difficoltà a reperire personale qualificato in sostituzione. Che sia anche disponibile ad affrontare, ad esempio al Versilia, fluttuazioni della casistica anche del doppio . Ci vuole lucidità e determinazione. Per il momento al Versilia il personale resiste e rimane con noi a lavorare, perché è ancora soddisfatto.Ai miei occhi con spirito davvero eroico, che non smetterò mai di sottolineare. Per questo il nostro pronoto soccorso è ancora attrattivoe e non respingente sul personale rimasto. Se riusciamo a mantenere la nostra professionalità e peculiarità che non è quella di essere considerati dai più portinai all uscio dell’ospedale. Purtroppo i giovani medici specialisti hanno già intuito il sacrificio che viene richiesto e stanno scegliendo altre discipline. Più tranquille e remunerative.Si tenga conto infatti che chi sceglie di fare il medico di medicina d’emergenza urgenza non svolge propria libera attività professionale.  Confido tuttavia che questo periodo di carenze di personale modifichi la parabola discendente che ci veda ritornare al vecchio ospedale, in cui vi era solo personale a rotazione di altre specialità. Fare il medico o infermiere di pronto soccorso prevede una forza fisica superiore agli altri. A prescindere dalla competenza, svolgere i turni  assorbe enormi energie ed alla fine del turno, soprattutto quello di notte, si esce inevitabilmente devastati come dopo una maratona. Si recupera sempre più difficilmente. È sicuramente una professione svolta per vocazione perché rimane il lavoro più bello dell’ospedale. Fare una diagnosi in pochi minuti, salvare la vita ad una persona che hai conosciuto da pochi secondi non ha eguali. Tuttavia con il tempo la motivazione si riduce a causa dei mille atti burocratici (fogli, fax, rispondere a telefono, moduli, ..) da evadere parallelamente all’assistenza. I sanitari si stancano e abbandonano per un lavoro più soft. Meno elettrizzante ma più tranquillo”.

Sono due le sale di osservazione, una per pazienti meno gravi e l’altra per pazienti che necessitano di maggiore attenzione: se ci spiega la differenza… Oltre al reparto di medicina d’urgenza.
“L’attesa dopo la visita avviene appunto in diverse aree dedicate e differenti da quelle dove si è stati accolti all’inizio del percorso. La area di osservazione A accoglie gli ammalati provenienti dalla Area di Alta complessità ed intensità di cura, dopo la visita e dopo gli interventi di stabilizzazione (procedure salvavita) o terapie urgenti. Al momento per esigenze logistiche e strutturali la seconda area di osservazione del pronto soccors (una volta dedicata alla accoglienza dopo visita dei pazienti a più passa complessità di cura) è stata attrezzata e dedicata alla accoglienza e cura dei pazienti Covid, dove permangono gli ammalati in attesa di trasferimento o di dimissione.  Cosa diversa è la Obi, osservazione beve intensiva situata all’interno del reparto di Medicina di Urgenza, adiacente alle sale del pronto soccorso. In questo settore vengono accolti (non ricoverati) quegli ammalati per i quali il percorso non può essere concluso rapidamente con la dimissione a casa, ma che necessitano di un breve”periodo di permanenza ospedaliera e non è necessario il ricovero nei reparti di degenza. Oltre 2000 casi gestiti all’anno, che seppur complessi vengono curati con “intensità” di cura elevata, sia per velocità che per complessità (percorso definitivo “intensivo” non nella tecnologia ma per intensità del percorso). Ultimo nostro gioiello allestito da circa un anno dalla Asl su mia personale richiesta è la Hdu Hight Dependency Unit, area subintensiva monitorizzata con 4 posti letto ad alta tecnologia all’interno del pronto soccorso dedicata esclusivamente ai pazienti giunti in emergenza per patologie tempo-dipendenti, dove vengono stabilizzati e curati anche per 48 ore prima del trasferimento verso la cura definitiva, ad esempio la malattia coronarica in attesa di intervento, la trombolisi nell ictus , la sepsi, la embolia polmonare”. 

Molto, secondo il dottor Pepe, può fare la cittadinanza: “Il pronto soccorso non è la porta di ingresso ai poli servizi, dove presentarsi con la lista delle cose da voler fare, cercando di farle di fretta e aggirando le liste d’attesa.  Il pronto soccorso va rispettato da tutti , perché è di ciascuno in caso di urgenza”.

Tante le testimonianze dell’efficienza del pronto soccorso del Versilia: “Sono tutti eccezionali – scrive una infermiera di un altro reparto, Debora Arrichielo –   con la mia mamma ho avuto modo di vedere come sono altamente preparati e professionali, pur mantenendo l’amore e l’umanità verso la sofferenza, in quella notte in cui si prendevano cura di mia madre ho potuto vedere le stesse cure rivolte anche su tutti gli altri pazienti, a dimostrazione che non venivano solo rivolte alla mamma di una collega, ma a tutti senza distinzione”

Stessa considerazione per l’autrice di queste poche righe che ha dovuto ricorrere in questi mesi alle cure dei medici del pronto soccorso del Versilia: tanta competenza, molta attenzione e amore verso tutti i pazienti.